La storia del Montalcino


Fabrizio Bindocci – Tenuta Il Poggione

Una perfetta commistione di innovazione tecnologica e rispetto delle tradizioni del territorio, per un vino d’annata di altissima qualità che celebra in tutto il mondo l’eccellenza enologica toscana. Questa è la storia della Tenuta Il Poggione, una proprietà della Famiglia Franceschi dal 1890, quando fu acquistata da Lavinio Franceschi dalla famiglia Senese dei Della Ciaia che ebbe il grande merito di intuire le potenzialità vitivinicole della zona e del Sangiovese che da sempre vi si coltivava. La sua gestione aziendale segnò la fine di un’agricoltura di stampo pressoché medievale ad una condotta con metodi ed imprenditorialità moderni. Dopo più di un secolo, il lavoro di Lavinio Franceschi è ancora un fondamentale punto di riferimento per i suoi eredi, Leopoldo e Livia, che sono gli attuali proprietari della Tenuta.

UNA CANTINA STORICA.

Il Poggione è una delle aziende storiche di Montalcino che hanno contribuito in maniera sostanziale a far conoscere ed apprezzare Montalcino ed i suoi vini in Italia e nel mondo. Nel 1967 quando è stato fondato il Consorzio del vino Brunello di Montalcino grazie alla lungimiranza di 25 aziende il Comm. Leopoldo Franceschi allora titolare dell’azienda ne divenne il primo Presidente. La tenuta il Poggione ha una superficie complessiva di 590 ettari, di cui 140 a vigneto da cui si producono tutti i vini che l’azienda commercializza. 60 ettari sono ad oliveto con 12000 piante di olivo,80 ettari a seminativo ed il rimanente a bosco di macchia mediterranea. L’azienda produce mediamente 600.000/700.000 btg. di vino di cui il Brunello ed il Rosso di Montalcino sono in preponderanza. <Negli anni – spiega Fabrizio Bindocci, responsabile della cantina e Presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino – la nostra azienda ha consolidato le sue posizioni di vendita soprattutto sui mercati esteri dove vendiamo circa l’80% dei nostri prodotti. E’ stato un lavoro continuo fatto di piccoli passi dove qualità e tradizione hanno giocato un ruolo fondamentale>.

ESSENZA DEL TERRITORIO.

Il Brunello di Montalcino è un vino prodotto con uve sangiovese al 100% chiamato in loco Brunello, prodotto unicamente nel territorio di Montalcino, comune toscano di 24000 ettari di cui la metà è a bosco. Dei rimanenti 12000 ettari solo 2600 sono impiantati a vigneto. <La bravura dei produttori di Montalcino – aggiunge Bindocci – è stata anche quella di impiantare solamente nei terreni migliori più idonei alla coltivazione del Sangiovese e di non impiantare, come invece è avvenuto in altre parti d’Italia, troppi vigneti che avrebbero portato ad una surproduzione e allo svilimento del prodotto e del marchio. Oggi si producono mediamente a Montalcino non più di 8/9 milioni di bottiglie di Brunello e 4/5 milioni di Rosso di Montalcino>.
Il Brunello di Montalcino incarna alla perfezione il binomio vitigno e territorio, un binomio che ha influito in maniera importante anche sul turismo del vino che è sempre più diffuso ed economicamente importante per il territorio.
<La Toscana continua ad avere un’affluenza turistica notevole – spiega – grazie alle molteplici città d’arte ma anche grazie alle denominazioni dei vini presenti sul territorio. L’incremento turistico c’è e si vede, a Montalcino oltre un milione di presenze e una crescita del 15/20% di pernotti in strutture alberghiere ed agrituristiche. Un ottimo risultato per tutti>.

INNOVAZIONE E TRADIZIONE.

Negli anni l’azienda ha vissuto delle evoluzioni sia in cantina, con l’introduzione di nuove tecnologie (vinificatori, presse, pompe , l’uso del freddo ed altro) sia in vigneto dove abbiamo lavorato per migliorare i cloni di Sangiovese locali passando da selezioni massali a selezioni clonali con l’intento di migliorare sempre l’alto standard qualitativo e non stravolgere le caratteristiche peculiari dei prodotti.
<L’innovazione è sempre importante ma altrettanto lo è la tradizione. Infatti noi per invecchiare i nostri vini continuiamo ad utilizzare le grandi botti di rovere da 33 e 52 ettolitri, a fine anni 90 abbiamo deciso di utilizzare il legno di rovere francese di Allier che è andato man mano sostituendo quello fino ad all’ora usato visto che il risultato qualitativo era per noi migliore>.

IL TAPPO, GARANZIA PER IL FUTURO.

Anche la scelta del tappo di sughero influisce sulla qualità del vino. <Noi, dopo aver visto gli stabilimenti di produzione Portocork in Portogallo ed esserci resi conto del loro alto standard qualitativo di lavoro dalla foresta al tappo finito, abbiamo deciso di sostituire buona parte dei sugheri sardi che acquistavamo da decenni con quelli Portocork e con soddisfazione: sono risultati qualitativamente superiori. La scelta è stata ponderata, abbiamo effettuato test e analisi sui tappi prima di decidere di cambiare. Il tappo è molto importante per il futuro di una bottiglia, da qui a 50 anni quando molte bottiglie continueranno ad essere stappate. Un tappo di grande qualità mantiene la qualità organolettica di un vino a lungo senza rovinarla, e sarebbe poco intelligente da parte nostra sottovalutare questo elemento. Recentemente abbiamo degustato con dei giornalisti un Brunello di annata 1955 che si era mantenuto molto bene anche grazie al tappo>.

IL FUTURO DELL’INDUSTRIA DEL SUGHERO E DEL VINO.

<Vedo un futuro roseo e con grandi soddisfazioni anche economiche per l’industria del sughero, quella con produzioni qualitative e quantitative importanti, con una struttura tecnologica di supporto per analizzare sempre soluzioni, mentre purtroppo per tante piccole realtà che non si sono messe al passo con i tempi non ci sarà un futuro e saranno costrette a chiudere. A differenza di qualche anno fa tutte le aziende oggi vogliono tappi di qualità certificata e, come facciamo noi, prima di utilizzarli effettuano analisi in laboratori esterni per avere la certezza che il tappo scelto per sigillare i nostri grandi vini sia perfetto. Negli anni il consumatore finale si è notevolmente emancipato nella conoscenza del vino e del cibo: legge, s’informa, partecipa a corsi è curioso di sapere e vuol bere bene, con cognizione di causa. Al ristorante ascolta i suggerimenti del sommelier professionista, le sue proposte di abbinamenti, ma poi vuol comunque dire la sua nella scelta anche e soprattutto di bottiglie importanti. E’ un consumatore che va in giro per le cantine, assaggia e se interessato acquista, parla con il produttore, cerca le annate ottime con il giusto rapporto qualità prezzo, fa conoscere i vini agli amici, e quando è invitato a cena a casa di amici non porta più i fiori per la padrona di casa ma ottime bottiglie di vino da condividere e gustare insieme>.