NO alla svendita, SÌ a soluzioni corali e innovative


#PortocorkLINE: dialogo con le cantine italiane al tempo del #Covid19

Susi Bianchini

Intervista con Susi Bianchini, agente Portocork per il Friuli

La vendemmia 2019 ancora nelle cisterne e le linee di imbottigliamento ferme. Mentre chi vende nella grande distribuzione continua a lavorare, seppur con le complicazioni del caso, per tutti gli altri, sia le piccole cantine che le grandi,che lavorano molto con l’export, con il canale horeca  e con i privati, è il blocco totale. In queste settimane i viticoltori sono impegnati con il lavoro in campagna. Ma la preoccupazione è tanta. Come tanta è la paura e l’incertezza per il domani. In alcuni casi il panico.
“Il problema vero si scatenerà ad agosto – spiega Susi Bianchini, agente Portocork per il Friuli – se nel frattempo quel vino non verrà imbottigliato e venduto. Perchè ad agosto servirà spazio per la nuova vendemmia”. Conosce bene i suoi clienti Susi, dopo più di 20 anni di lavoro di consulenza al loro fianco nella scelta della chiusura ideale. In questi giorni bloccata a casa dal lockdown sta mantenendo le relazioni via telefono, raccogliendo le impressioni e le preoccupazioni dal territorio. E abbozzando qualche soluzione.

Quale soluzione si prospetta per queste cantine che oggi sono ferme? Dipende dalla tipologia di vino. Se producono un vino da invecchiamento il problema è minore. Ma se si tratta di vini di pronta beva, da immettere nel mercato e consumare subito, allora la situazione è più complicata. Il blocco delle attività di ristoranti e locali fa slittare di alcuni mesi – nella migliore delle ipotesi – il consumo. Ma quel quantitativo di scarto rischia di non essere più recuperato e quindi il vino invenduto. Il prossimo anno poi, i consumatori chiederanno il vino della nuova annata, verrà così perso un anno di lavoro, il che significa enorme sofferenza per tutte le cantine.

Cosa fare del vino invenduto e invendibile? Qualcuno può essere tentato, al posto di imbottigliare, dallo svendere il vino sfuso alle distillerie per poter guadagnare qualcosa di immediato. Ma i prezzi sarebbero comunque troppo bassi per poter mantenere in piedi l’attività.

Quindi? Quale proposta suggerisci? Io credo che di fronte ad una situazione nuova vada cercata una soluzione nuova. Il vino fermo nelle vasche non costa (imbottigliamento, vetro, etichetta, capsula, tappo, cartone ecc.). Quindi potrebbe essere un’idea, per chi può, investire nell’acquisto di vasche nuove per la nuova vendemmia – magari sfruttando le disponibilità di finanziamento proposte ad hoc vista la situazione finanziaria attuale – , puntare comunque sulla vendita dell’annata 2019 come annata unica, facendo sinergia all’interno dei consorzi, facendo comunicazione. Potrebbe essere venduta ad un prezzo leggermente inferiore all’annata 2020, ma non svenduta come accadrebbe se si procedesse con il declassamento e la vendita alle distillerie.

Occorre la collaborazione dei ristoranti e delle enoteche che dovrebbero promuovere l’annata 2019 insieme all’annata 2020. Si, occorre un grande lavoro di squadra ma così si potrebbe ugualmente salvare il vino e  le professionalità di tutta la filiera. E chissà che questa crisi non possa diventare l’opportunità per una rinnovata collaborazione tra le cantine. In fondo, come si dice, i problemi possono essere opportunità in abiti da lavoro.